
Il valore atteso è un concetto della statistica molto familiare a coloro che hanno deciso di fare del poker una professione: si tratta di valutare una serie di possibili risultati e le probabilità che essi si verifichino e rapportarli in ottica rischio/ricompensa o investimento/ricompensa.
Esso riguarda anche il mondo degli investimenti e la vita di tutti i giorni, soprattutto in situazioni complesse, che richiedono delle scelte non intuitive; in questi ultimi casi si può reagire in modi diversi, difficilmente etichettabili come puramente emotivi o puramente razionali, poiché sono presenti diversi bias cognitivi che agiscono a livello inconscio.
Con l’evoluzione del gioco e la diffusione dei solver si sente parlare sempre meno di gioco exploitativo e sembra che l’attenzione della community si sia spostata interamente sulla GTO.
Questo tema è stato già affrontato moltissime volte in letteratura e, per semplificare, si può affermare che il pensiero umano tende a muoversi seguendo determinate euristiche e pregiudizi, che consentono di categorizzare un gran numero di informazioni e di variabili e di semplificarle per dar vita ad un processo decisionale. Maggiori sono le situazioni che vengono analizzate in maniera metodica e maggiore sarà l’elasticità e la flessibilità mentale e migliori saranno le analisi che precederanno le decisioni.
Non bisogna però demonizzare i bias e i pregiudizi, poiché essi costituiscono il nostro orizzonte mentale e senza di essi non saremmo in grado di formare opinioni e giudizi -dunque non saremmo in grado di agire basandoci su quello che riteniamo sia più opportuno fare-, ma vanno visti come un punto di partenza di un percorso circolare -non lineare-, che deve portarci a mettere in discussione l’orizzonte mentale stesso e a revisionarlo e ad ampliarlo costantemente.
Il caso del lancio di una monetina
Il caso più semplice per spiegare il valore atteso è il lancio di una monetina. Supponendo che essa non sia truccata, le possibilità che esca testa sono uguali a quelle che esca croce: 50 e 50 o una su due. Se qualcuno vi chiedesse di pagare 1 euro per lanciare una monetina e vi pagasse 2 euro qualora indovinaste l’esito, avreste una scommessa a valore atteso 0 o neutrale. Vincereste un euro qualora indovinaste (2 euro di premio – 1 di investimento iniziale) e ne perdereste uno qualora la scommessa fosse perdente; poiché le probabilità di vincere sono una su due, e il differenziale tra i due possibili risultati è 0, il valore atteso della scommessa sarà neutrale (zero). Il singolo lancio farà segnare +1 euro o -1 euro nel nostro bilancio e nel breve periodo sono possibili risultati che si discostano notevolmente dallo zero in seguito a lunghe serie positive o negative, ma nel lungo periodo il risultato dovrebbe sempre tendere allo zero.
Le cose cambierebbero qualora la medesima scommessa venisse riproposta con un premio incrementato. Supponendo che il lancio costi sempre 1 euro, ma in caso di vincita il premio fosse di 3 euro, vincereste 2 euro in caso di vittoria e ne perdereste sempre 1 in caso di sconfitta. In questo caso il differenziale tra i due risultati è di un euro, ma va moltiplicato per la probabilità che il risultato si possa verificare. Avremo quindi 1 euro per 1/2 o semplicemente il 50% di 1 euro: 50 centesimi; il valore atteso della nuova scommessa non è più neutrale, ma è positivo. La stessa formula si può applicare anche quando variano le probabilità o ci sono più risultati possibili.
La seconda scommessa ci garantisce un ritorno di 50 centesimi per ogni singolo euro investito, risulta dunque estremamente profittevole e sarebbe stupido non accettarla. Ma fino a quale cifra si può accettare di prendere parte a questo esperimento? Qui entra in gioco la risk intelligence, che consente di valutare altre variabili, come il rischio di andare in bancarotta, oltre al mero profitto. La cifra varierà notevolmente a seconda della disponibilità economica dei singoli individui, ma nessuno, nemmeno i più facoltosi, rischierà l’intero patrimonio in una scommessa a valore atteso positivo: perdere tutto ha un effetto devastante ed inciderà molto più sulla vita dell’individuo rispetto al triplicare il proprio patrimonio.
L'avversione al rischio e altre possibili applicazioni nella vita di tutti i giorni
Molti individui tenderanno ad essere estremamente conservativi nella cifra da investire, sopravvalutando la sensazione negativa provocata da un’eventuale perdita. Una cifra razionale per una scommessa di questo tipo potrebbe corrispondere al 25% o al 20% del proprio patrimonio, ma la propensione al rischio varia da individuo a individuo e quando si parla di cifre importanti possono subentrare sentimenti di rimorso in seguito ad una perdita considerevole, quindi è bene valutare come si potrà reagire in seguito ad un eventuale esito negativo prima di decidere quanto investire.
Naturalmente situazioni del genere sono altamente improbabili, ma ci serve come esercizio mentale da applicare ad altri ambiti dove valore atteso e valutazione del rischio sono componenti fondamentali del processo decisionale. Il mondo degli investimenti è un chiaro esempio: pur non trovandoci di fronte a perdita totale del proprio capitale è importante avere un quadro chiaro del rapporto tra rischio e rendimenti e valutare se i rischi che ci stiamo assumendo sono giustificati dai potenziali rendimenti o se stiamo adottando un approccio troppo conservativo che non ci consente di sfruttare periodi positivi di esposizione sui mercati.
I concetti discussi sono applicabili anche in ambito medico e nelle decisioni fondamentali per la nostra vita, quali la scelta del percorso di studi, il valutare se sposarsi o meno, o la scelta tra diverse opportunità professionali. Supponiamo di dover decidere se sottoporci o meno ad un intervento chirurgico rischioso: dovremmo valutare le probabilità di riuscita dell’intervento, l’eventuale esito negativo e quello positivo e paragonare il tutto al rifiutarci di sottoporci all’intervento in questione. Dovremmo sempre accettare qualora il valore atteso fosse superiore a quello del temporeggiare, anche qualora l’esito negativo fosse peggiore dello status quo; nei rari casi in cui il gioco non vale la candela converrebbe astenersi dall’intervento.
In caso di scelte personali diventa più difficile fare previsioni, ma esercitarsi seguendo questo modello consente di sviluppare un’attitudine più comprensiva nei confronti di eventuali esiti negativi e, soprattutto, di non rinunciare ad opportunità importanti per paura dei rischi connaturati alla scelta o di non assumerci rischi inutili quando le probabilità non sono dalla nostra parte.
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